Buonasera a tutti; io intanto volevo ringraziare il Dottor Corrieri e la Dottoressa Latini che finalmente hanno reso l’asino protagonista. Ringrazio anche per avermi chiamato a parlare di quello che è stato l’iter burocratico, il percorso che abbiamo affrontato insieme ai miei soci in questi ultimi cinque anni da quando abbiamo intrapreso questo progetto.
I punti fondamentali da rispettare sono sicuramente 3:
- le autorizzazioni sanitarie,
- le autorizzazioni commerciali
- la regolamentazione della stalloneria privata.
Per quanto riguarda l’autorizzazione sanitaria, cercherò di essere più breve possibile, bisogna adeguarsi al DPR 317 del ’96 che è quello che regolamenta l’identificazione e la registrazione degli animali. Tutto ciò grazie ai servizi veterinari dell’ASL competente per territorio. Quindi vanno identificati i soggetti, la razza, la specie, il numero degli animali e la località in cui si trovano .
Questo DPR 317 tra l’altro integra anche il DPR 320 del ’54 della polizia veterinaria perché si occupa del trasporto di animali vivi che è soggetto, ovviamente, ad una serie di norme igienico-sanitarie soprattutto quando ci troviamo in presenza di malattie infettive a carattere epizootico.
I servizi veterinari, nel momento in cui viene presentata la domanda, alle aziende richiedenti, dopo gli ovvi controlli, dovranno dare un codice aziendale univoco, un registro aziendale a cura del responsabile dell’azienda dove bisogna annotare le date, le nascite, i parti, diciamo tutti gli eventi identificando gli animali; marchi e contrassegni, che saranno a cura e spese del detentore, e il registro farmaci. Registro farmaci che deve essere tenuto da un responsabile veterinario e che norma anche l’utilizzo e il divieto di alcune sostanze, tra cui per esempio il divieto di utilizzare sostanze a base ormonica o tireostatica e addirittura di poter essere soggetti a controlli sia sugli animali vivi sia nel cercare residui nei loro prodotti.
Questo diciamo è il primo adempimento che ogni azienda zootecnica deve compiere e quindi anche noi che alleviamo asine. Per quanto riguarda invece l’argomento di cui stiamo parlando, il latte di asina, sia come produttori sia come tutela del consumatore visto che come giustamente ha detto la dottoressa Russo ci rivolgiamo a fasce protette, la normativa in questo momento è abbastanza limitata perché specificatamente si parla di latte di asina soltanto in un Regio decreto del ’29, il numero 994 agli articoli 15 e 43. L’articolo 15 parla di latte alimentare, come forse molti di voi sapranno, che è il prodotto della mungitura completa, ininterrotta e regolare di una mammella di un animale in buono stato di salute e nutrizione, mentre con la parola latte si identifica il latte di vacca. Quando usiamo un altro prodotto dobbiamo specificare l’animale che lo fornisce per cui latte di pecora, latte di asina. All’articolo 43 invece la deroga per l’autorizzazione viene data ai comuni, i quali potranno stabilire di volta in volta delle normative circa i locali e l’igiene in cui avviene la vendita diretta di latte di asina.
Oggi la vendita del latte di asina può avvenire soltanto dal produttore al consumatore oppure dal produttore all’industria. Per quanto riguarda la vendita diretta questa può essere svolta regolarmente in azienda grazie alla legge 283/62 ed al successivo Decreto Legislativo 327/80 che è il regolamento di attuazione di tale legge, che disciplina la vigilanza in materia di igiene riguardante le sostanze alimentari e le bevande. Agli articoli 28 e 30 di questa legge per ottenere il nullaosta bisogna attenersi ai requisiti minimi che l’azienda che produce e vende latte di asina deve possedere. Questi requisiti minimi sono: l’acqua potabile sia nel ciclo di produzione che di lavorazione per quanto riguarda anche il lavaggio sia delle apparecchiature che degli utensili; i locali che devono essere ampi, ben illuminati, devono avere un microclima adatto quindi essere abbastanza areati, in modo che non si producano condense e muffe; i pavimenti e le pareti devono essere in mattonelle lisce per essere facilmente lavati e disinfettati e così anche per le attrezzature e gli impianti che vengono usati; bisogna avere un idoneo sistema di smaltimento dei reflui aziendali; abbattitore di temperatura perché sappiamo tutti che stiamo parlando ancora di latte crudo e quindi va refrigerato a 4 gradi e dei servizi igienici che non siano vicini al luogo di produzione dell’alimento. Come ben sapete le aziende zootecniche si trovano quasi tutte decentrate e sicuramente non le troviamo in città, per cui l’utente è costretto a un sacrificio enorme e già partiamo da un padre, una madre che hanno una patologia a casa e quindi preoccupazione e sicuramente malessere, aggiungiamo il costo del latte sicuramente alto ed in più consideriamo che siccome non è prevista la commercializzazione del latte di asina, sono costretti a venire più volte alla settimana in azienda. In tutto questo qualcosa di positivo c’è: a quanto pare gli organi competenti delle istituzioni comunitarie hanno al vaglio l’emanazione di una direttiva CEE che potremo sicuramente entrarci anche noi produttori di latte di asina. E’ prevista entro il 2006 e ce lo auguriamo tutti sia per la tutela del consumatore, sia anche per tranquillizzare noi produttori proprio perché ci rivolgiamo soprattutto a neonati.
Per quanto riguarda la stalloneria privata, non starò qui a tediarvi; la prima disciplina che lo regolamenta è la numero 30 del ’91 che riguarda la riproduzione animale, però logicamente non si parlava ancora di riproduzione assistita e di tutto quello di cui si è parlato questa sera, per cui invece adesso viene regolamentata dal decreto interministeriale che è stato varato tra il Ministero della Salute e il Ministero delle Politiche Agricole, il 403 del 2000 come regolamento di attuazione, dove sono previsti i requisiti minimi per poter aprire una stazione di monta privata che, nel caso degli equidi, è sovrapponibile alla stazione di monta pubblica.
Grazie a tutti, buonasera.
(Testo tratto da “Atti del Primo Convegno Nazionale sull’Asino – 28 e 29 maggio 2005 – Ce.Mi.Vet. Grosseto”, a cura di Ugo Corrieri e Maria Patrizia Latini – Associazione Ofelia Onlus)
|